
Koan 1
Rattan, cera d’api | Rattan, beeswax · 80 x 60 cm · 2012

Koan 2
Legno di pino, rattan, cera d’api su tavola | Pine wood, rattan, beeswax · 100 x 200 cm · 2012

Koan 4
Legno di pino, canapa, cera d’api su tavola | Pine wood, beeswax, rattan · 80 x 60 · 2012

Koan 5
Legno di pino, canapa, cera d’api su tavola | Pine wood, hemp, beeswax · 80 x 60 · 2012

Koan 6
Canne di bambù, cera d’api su tavola | Bamboo canes, beeswax · 50 x 35 cm · 2012

Koan 7
Legno fossile, rafia, cera d’api su tavola | Fossil wood, raffia, beeswax · 80 x 120 cm · 2012 · Foto Andrea Scardova
Koan, nel pensiero Zen, significa cantare insieme. L’espressione allude all’armonia universale, all’esperienza dell’annullamento dell’anima nel cosmo. Di fronte alle opere di Graziano Spinosi, si avverte la medesima sensazione. È il lavoro di uno scultore appartato, schivo, ma dalle sorprendenti capacità evocative. Spinosi ha elaborato un suo personale linguaggio con il quale transita dalla bidimensionalità alla tridimensionalità passando frequentemente da una pratica all’altra con continue contaminazioni ed esplorazioni reciproche. Invade intensamente lo spazio con sculture che acquistano una consistenza tale da ridefinire le relazioni ambientali, facendogli assumere nella loro primitività una compostezza severa, quasi ascetica, indicando la via verso l’atemporale. Ogni lavoro di Spinosi sottolinea l’assenza come vertigine indistinta e profonda, il vuoto come grembo vitale, pone l’accento sul ritmo dell’esistenza: non vi è approdo sicuro. La dimora è provvisoria, ma in ogni caso non diventa mai tana, sintomo di prigionia. Queste opere nello spazio assumono quasi un valore sacrale, come a voler sollecitare la capacità di recuperare una dimensione autentica. Lo spettatore può rivivere il tempo e lo spazio, il ritmo e l’energia, le condizioni cioè che hanno dato vita all’atto formale della sua realizzazione. Una realizzazione che si pone tra il favolistico e l’arcaico di cui Spinosi si nutre liberamente, poeticamente, per creare immagini vicine agli archetipi dell’inconscio collettivo. Giancarlo Papi
Koan, in Zen, means to sing together; the expression refers to universal harmony, the experience of the nullification the soul in the cosmos. One experience the same sensation in front of recent works by Graziano Spinosi. He has developed a personal language with which he transitions back and forth between two and three-dimensionality, frequently passing from one technique to the other with continuous cross-references and reciprocal explorations. Each of Spinosi’s works emphasizes absence as an indistinct, profound vertigo, the void as vital womb, with the accent on the rhythm of existence: there is no safe landing. The residence is temporary but, in any case, never becomes a den, a symptom of imprisonment. In the space, these works almost assume a sacral value, as if intended to stimulate the ability to recover an authentic dimension. The spectator can relive time and space, rhythm and energy, the conditions that have given life to the formal act of its construction. A realization that arises between the fairy-tale arc of which it feeds freely Spinosi, poetically, to create images close to the archetypes of the collective unconscious. Giancarlo Papi